Posto sulla Tomba del settimo principe di Sansevero, il Ritratto di Raimondo di Sangro è collocato in simmetria con quello di Vincenzo di Sangro sull’ingresso laterale. Il pennello è di Carlo Amalfi, ma dubbi persistono sulla datazione del dipinto: il 1759, anno in cui fu realizzata la lapide che il quadro sormonta, sembra una data possibile, ma non è affatto da escludere una realizzazione più tarda.
Rispetto all’effigie di Vincenzo, sempre dell’Amalfi, quella di Raimondo denota maggior realismo e un più attento studio dei caratteri fisionomici e psicologici da parte dell’artista. Come sottolineato dalla storica dell’arte Rosanna Cioffi, il soggetto è privo degli attributi alludenti alla sua nobiltà, al suo valore militare e alla sua attività scientifico-letteraria (attributi scolpiti in marmo sulla sua Tomba); il principe, in età avanzata, sembra fissare lo spettatore con sguardo fiero, protetto da una semplice corazza.
Il Ritratto di Raimondo di Sangro è in cattivo stato di conservazione, pur essendo stato eseguito dalla medesima mano di quello raffigurante Vincenzo, e con la medesima tecnica, ovvero l’olio su rame. Questa circostanza ha dato fiato alla fantasia popolare, secondo cui l’immagine del “principe maledetto” sarebbe destinata a una sorta di damnatio memoriae. In realtà, è probabile che il dipinto sia particolarmente rovinato a causa della sua collocazione: l’ambiente in cui si trova, infatti, è sormontato da una cupoletta a vetri che nei secoli passati dovette subire molti danni, lasciando il quadro esposto all’ingiuria degli agenti atmosferici.
Prima di questo ovale, Amalfi aveva eseguito almeno un altro ritratto del di Sangro, da cui Ferdinando Vacca trasse una nota incisione settecentesca, fortunatamente sopravvissuta: Sansevero appare più giovane, con la fascia e la croce dell’Ordine di San Gennaro, di cui era stato insignito nel 1740. La documentazione iconografica sul principe di Sansevero è stata di recente arricchita dal Ritratto di Raimondo di Sangro di Francesco De Mura, esposto per la prima volta nel 2009 in occasione della mostra Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli. L’opera, acquisita dal Museo Cappella Sansevero nel 2019, è attualmente visibile in sacrestia.