Le statue
Disinganno
Le statue
Disinganno
Il capolavoro del Queirolo è senza dubbio il Disinganno, opera dedicata da Raimondo di Sangro al padre Antonio, duca di Torremaggiore. Dopo la prematura morte della moglie, Antonio si diede a un’esistenza avventurosa e disordinata, affidando il figlio alle cure del nonno Paolo. “Asservito – come ricorda la lapide dedicatoria – alle giovanili brame”, il duca viaggiò per tutta Europa, ma in vecchiaia, ormai stanco e pentito degli errori commessi, tornò a Napoli, ove trascorse gli ultimi anni nella quiete della vita sacerdotale.
Il gruppo scultoreo
Il gruppo scultoreo descrive un uomo che si libera dal peccato, rappresentato dalla rete nella quale l’artista genovese trasfuse tutta la sua straordinaria abilità. Un genietto alato, che reca in fronte una piccola fiamma, simbolo dell’umano intelletto, aiuta l’uomo a divincolarsi dalle maglie intricate, mentre indica il globo terrestre ai suoi piedi, simbolo delle passioni mondane; al globo è appoggiato un libro aperto, la Bibbia, testo sacro ma anche una delle tre “grandi luci” della Massoneria.
Il bassorilievo sul basamento, con l’episodio di Gesù che dona la vista al cieco, accompagna e rafforza il significato dell’allegoria.
Nell’Istoria dello Studio di Napoli (1753-54) Giangiuseppe Origlia definisce a ragione questa statua “l’ultima pruova ardita, a cui può la scultura in marmo azzardarsi”: il riferimento è ovviamente alla virtuosistica esecuzione della rete, che lasciò sgomenti celebri viaggiatori sette-ottocenteschi e continua a stupire i turisti odierni. A tal proposito, si tramanda che – come era già avvenuto al Queirolo anni prima nella realizzazione di un’altra statua – lo scultore dovette personalmente passare a pomice la scultura poiché gli artigiani dell’epoca, specializzati proprio nella fase di finitura, si rifiutarono di toccare la delicatissima rete per paura di vedersela frantumare sotto le mani.
Il significato dell'opera
Il Disinganno, come attesta ancora l’Origlia, è un’opera “tutta d’invenzione del Principe, e nel suo genere totalmente nuova”, non ritrovandosene altra simile né tra gli antichi né tra i moderni. Tale monumento ha, non a caso, una simbologia ricca e complessa. Il richiamo al contrasto tra luce e tenebre, evocato dall’allegoria principale nonché dal bassorilievo (con la frase “Qui non vident videant”) e dai passi biblici incisi nel libro aperto, appare un chiaro riferimento alle iniziazioni massoniche, in cui l’iniziando entrava ritualmente bendato per poi aprire gli occhi alla nuova luce della Verità custodita dalla Loggia. Bellissima la dedica composta da Raimondo, in cui la vita del padre viene posta a immortale esempio della “fragilità umana, cui non è concesso avere grandi virtù senza vizi”.
Gallery
Mappa
- Altare maggiore
- Monumento ad Alessandro di Sangro
- Pudicizia
- Statua di Santa Rosalia
- Soavità del giogo coniugale
- Ritratto di Vincenzo di Sangro
- Zelo della Religione
- Monumento a Giovan Francesco
di Sangro, primo principe - Liberalità
- Monumento a Paolo di Sangro,
quarto principe - Decoro
- Monumento a Giovan Francesco
di Sangro, terzo principe - Monumento a Cecco di Sangro
- Monumento a Giovan Francesco
di Sangro, quinto principe - Cristo Velato
- Gloria del Paradiso
- Disinganno
- Statua di Sant'Oderisio
- Sincerità
- Tomba di Raimondo di Sangro
- Pavimento labirintico
- Dominio di se stessi
- Monumento a Paolo di Sangro,
sesto principe - Educazione
- Macchine anatomiche
- Madonna con Bambino
- Ritratto di Raimondo di Sangro
- Monumento a Paolo di Sangro
secondo principe - Amor divino